IL BASAMENTO



Come abbiamo visto, l’unica parte originaria del basamento del pulpito è quella frontale; su una piccola base rettangolare poggiano due colonne annodate e un piccolo capitello a fascia con un alto abaco: queste colonne vengono dette ofitiche dal greco òphis (serpente), e formano un motivo di gusto già romanico molto diffuso tra l'Italia settentrionale, la Baviera e la Borgogna, legato soprattutto ai maestri comacini e all'ordine cistercense (fondato nel 1098); l'esempio di Gropina è tra i più antichi ma esistono anche colonne ofitiche a quattro elementi, come nel duomo di Trento e nel chiostro dell'abbazia di Chiaravalle. Due coppie di colonne ofitiche si trovano nel terzo ordine di colonnette della facciata del duomo di Lucca (XIII secolo). Nel nostro pulpito il significato simbolico di queste colonne annodate potrebbe essere, come sostiene anche don Valente Moretti che ha dedicato uno studio all'interpretazione dell'opera (2004), il mistero della Trinità: Padre e Figlio uniti allo Spirito Santo (il nodo) e anche la doppia natura del Cristo, umana e divina. La Trinità che è origine e sostegno di tutto, quindi. Il doppio capitello mostra dodici figure interpretate come i dodici Apostoli inginocchiati in atteggiamento orante in atto di ricevere la Pentecoste, simboleggiata dalle fiammelle triangolari stilizzate dell'abaco tra le quali appare, nella quarta da sinistra, la testa di un bue come simbolo di San Luca, il solo Evangelista a narrare la discesa dello Spirito Santo sui discepoli di Gesù, negli Atti degli Apostoli.
Sia che la seconda pieve di Gropina sia stata costruita dai Longobardi oppure dopo il passaggio ai Franchi e all'abbazia di Nonantola, gli elementi stilistici del pulpito sono comunque molto vicini al gusto longobardo: nel basamento questo è evidente nelle figure degli Apostoli, a rilievo molto piatto (quasi uno "stiacciato") e dalle caratteristiche teste ovali, grandi e dagli occhi sgranati; una sproporzione voluta in quanto per i Longobardi la testa era la parte principale del corpo e come per i Greci la realtà era percepita attraverso raggi visivi che dagli occhi illuminavano il mondo circostante, rivelandolo: il contrario di quello che in realtà avviene, dove la luce colpisce la retina e trasmette l'immagine rovesciata al cervello. Un gruppo di colonne ofitiche simili a quelle del basamento si trova all'esterno dell'abside romanica.

Gli Evangelisti e la datazione

Il corpo del pulpito è delimitato in basso da una fascia continua scolpita in bassorilievo con rami di quercia: nella simbologia cristiana la quercia rappresenta la costanza nella fede e nella virtù, ma anche Cristo stesso come forza nelle avversità; inoltre, la quercia è con l'agrifoglio e il pioppo tremulo uno degli alberi da cui è stata possibilmente ricavata la Croce. Sopra questa fascia si trovano cinque specchiature sempre a bassorilievo e il leggio sostenuto da tre simboli degli Evangelisti, dal basso il leone di Marco, l'angelo di Matteo e l'aquila di Giovanni; il simbolo che completa i Tetramorfi, come abbiamo visto, è il bue di Luca raffigurato nel basamento. Anche i Tetramorfi hanno un significato simbolico: il leone di Marco, qui rappresentato senza ali, è colui che ruggisce nel deserto aprendo il cammino, e anche la dignità regale del Cristo; Matteo è simboleggiato da un angelo, o uomo alato, la natura umana di Gesù; l'aquila di Giovanni è l'ascensione, la natura divina del Cristo, perché "le ali di un'aquila volano verso grandi altezze", così "può guardare il sole" (San Girolamo); l'aquila è spesso raffigurata a sostenere il leggio in quanto rappresenta anche l'ispirazione dei Vangeli. Il bue simboleggia il sacrificio, l'espiazione e il sacerdozio di Gesù, e spesso è anch'esso alato. Ma a Gropina questo gruppo cela qualcosa rimasta a lungo segreta: la datazione del pulpito, incisa sulla tavola che l'angelo di Matteo tiene tra le mani, di cui aveva fatto menzione già il Repetti nel 1835 e che Gino Manneschi nel 1921 aveva tentato di decifrare, finché nel 1996 Carlo Fabbri ne ha pubblicato per primo le foto e una lettura corretta grazie alle sue competenze paleografiche. Secondo questa lettura, il pulpito è stato commissionato dal prete Bernardo nell'anno 825; ecco la trascrizione data dal Fabbri:

[...]Q[...] [PRESBIT]ERV(M) BERNARD(VM)
[...] M(ISE)R(I)CHORD(EM)
A(NNO) D(OMINICE) I(NCARNATIONIS)
DC[CC]XXV I.R.f(ecit).

Questo fa del pulpito una delle pochissime opere longobarde datate, e per la Toscana è ancora più rilevante in quanto non è una zona "tipicamente longobarda" come potrebbe essere per esempio il Friuli con Cividale. Inoltre il Fabbri ha riconosciuto l'iscrizione come appartenente, per la tipologia di alcune lettere, allo
scriptorium dell'abbazia di Nonantola, alla quale Carlo Magno e il duca Nordperto avevano assegnato la pieve longobarda di Gropina intorno al 780. Il pulpito di Gropina sembra anche essere stato fonte d'ispirazione, nel gruppo che sorregge il leggio, per quello della chiesa fiorentina di San Miniato al Monte, iniziata nel 1013 e terminata nel XII secolo.
Un'altra iscrizione molto frammentaria si trova su un lato della mensola ed è stata interpretata dal Fabbri come LEX e IUS, la legge e il giudizio divini. Il leggio mostra infine una decorazione di motivi a spirale, che ritroveremo anche in una delle specchiature.

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