CAPITELLO DELLE AQUILE
navata destra, quinta colonna



Anche qui le figure sono disposte agli angoli: quattro grandi aquile dalle ali spiegate che simulano il volo stringono tra gli artigli altrettante prede; il resto della superficie è liscia, per dare risalto all'abaco composto da teorie di ovoli con al centro un grosso fiore nascente tra foglie.
L'aquila è diffusissima nell'architettura romanica come elemento decorativo e anche come simbolo. Nell'antichità classica è l'uccello psicopompo (cioè colui che accompagna le anime nell'Ade); con questo significato continua ad essere raffigurata anche in epoca romanica, ma in quanto considerata re degli uccelli viene con frequenza paragonata al Cristo. Molto più diffuso è comunque il significato di rapace distruttore che rapisce le anime; infatti l'aquila è, come il leone, uno degli animali dal simbolismo ambivalente a seconda del contesto in cui viene raffigurata. Nel capitello di Gropina le quattro aquile hanno catturato piccoli animali: una lepre o un coniglio e tre grossi roditori che, a differenza delle prede nel capitello successivo, non lottano contro i rapaci, sembrando quasi rassegnati al proprio destino; il coniglio, o lepre, fissa l'osservatore con occhi sgranati come interrogandosi o forse come monito, perché nell'iconografia cristiana questi animaletti incarnano anche la lussuria: l'aquila, uccello psicopompo, conduce l'anima del peccatore alla dannazione eterna, un motivo impressionante per l'uomo medievale ancora imbevuto di terrori apocalittici.
Ma come spesso accade nel romanico, può esservi un altro significato di senso opposto: la natura indifesa della lepre simboleggia infatti, per il cristianesimo, coloro che ripongono la loro fiducia in Cristo; allora l'aquila che l'afferra cambia la sua valenza in bene, conducendo non più l'anima del peccatore ma quella del giusto in un aldilà benefico, il Paradiso cristiano. I tre roditori, topi o ratti, sono invece sempre simbolo del male: il topo è colui che divora le radici dell'albero della vita; il nostro capitello può così essere letto in due modi diversi, il secondo del quale apre per l'uomo medievale la speranza che non tutto è perduto, che un'anima pura può comunque salvarsi.
Stilisticamente il capitello è da assegnare a un lapicida di provenienza locale, che arricchisce il ventaglio di iconografia e modi di sentire di questa grande opera architettonica e scultorea che è la pieve di San Pietro a Gropina, dichiarata monumento nazionale per il suo valore storico-artistico.


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