L’INTERNO



Anche all'interno la pieve mantiene la severità e la compostezza annunciate in facciata e nei paramenti esterni: nessun affresco o mosaico interrompe il grigio uniforme della pietra, sulla quale i giochi di luce rivelano a ogni passo e col trascorrere del giorno una vita apparentemente immobile. Il suo aspetto odierno è molto poco dissimile da quello originario romanico, solo poche aggiunte e il rifacimento ex-novo del pavimento durante i restauri del 1968-1971 mostrano invece la cura che nei secoli è stata dedicata alla chiesa.
L'interno è diviso in sette campate con archi a tutto sesto retti da robuste colonne monolitiche e da due pilastri quadrangolari tra la quinta e la sesta campata; vi sono poi due semipilastri in controfacciata ai quali corrispondono due semicolonne ai lati dell'abside, altri due semipilastri sono addossati di fronte alle colonne dell'ultima campata finché due semicolonne angolari concludono le aree dei due altari laterali; sulla destra sono addossati la sagrestia e il campanile. La copertura della chiesa è a capriate tranne che per le campate vicino all'abside, voltate a crociera, dove si trovano i due altari laterali: quello a sinistra dedicato al Sacro Cuore, l'altro a Maria Santissima, mentre l'altar maggiore è dedicato ai SS. Pietro e Paolo. Gli archi relativi alle due campate hanno anche la luce più piccola degli altri, sono cioè più stretti. Il pulpito tardo-longobardo, smontato, è stato riassemblato dalle maestranze romaniche contro la quarta colonna destra. Gropina non è l'unico caso in Toscana di utilizzo in chiese romaniche di elementi di gusto longobardo: quella di San Cassiano a Bagni di Lucca, per esempio, viene edificata nel XII secolo includendo arredi architettonici longobardi preesistenti.
Parleremo di ciascun capitello delle navate; prendiamo in esame adesso l'abside interna, elegante sovrapposizione di due loggiati con archetti a tutto sesto su esili colonne che in parte riprendono e completano l'apparato esterno; i capitelli presentano foglie d'acanto, altri motivi vegetali, volute e alcuni anche piccoli scudi detti in araldica di tipo francese antico, in uso nel XII secolo; questo particolare contribuisce a fissare la datazione a questo periodo per le prime fasi dei lavori, dato che la costruzione di una chiesa inizia dall'abside per proseguire poi verso la facciata. I due colonnati inferiori corrispondono all'esterno alle sette grandi arcate cieche, mentre la calotta dell'abside ha il suo pendant nella loggetta esterna con le dodici colonne e il gruppo ofitico. Torna all'interno la doppia simbologia dei numeri sei e sette, che abbiamo visto parlando dell'abside all'esterno. Le aperture che danno luce alla zona presbiteriale sono sei piccoli oculi nell'ordine inferiore e tre monofore in quello superiore, piuttosto strette e strombate; non è quindi molta la quantità di luce che lasciano passare, ma di una particolarità anch'essa molto simbolica: infatti nella pieve di Gropina le aperture sono protette da lastre non di vetro, ma di alabastro tagliato molto sottile in modo da diventare trasparente; questo è un motivo classico rivestito di significato cristiano, che come abbiamo già visto e vedremo anche in seguito non è l'unico a Gropina: l'alabastro infatti era considerato nel mondo classico una pietra divina perché non si comportava come le altre pietre; mentre queste assorbono la luce l'alabastro, se tagliato in lastre sottili, la lascia passare e la diffonde. Nella sua sepoltura nella città che aveva fondato, Alessandro Magno verrà deposto in una tomba di alabastro perché lui, riconosciuto dall'oracolo figlio di Amon, doveva splendere in morte così come era stato in vita la luce del mondo. Dopo l'avvento del cristianesimo, quando il mito di Alessandro il Macedone era ormai avvolto nell'oblio, l'alabastro passa a rappresentare una nuova luce del mondo, riferita all'unica figura che era stata capace di oscurare la fama di quel grande condottiero: Gesù Cristo. Così si spiega l'uso di lastre di alabastro, la pietra degli dei divenuta la pietra di Dio, nella pieve di Gropina: all'alba di ogni giorno la luce del sole entra dall'abside orientata ad est e si diffonde pian piano dissipando l'oscurità della chiesa, come il Cristo nuovo Sole che con la Sua parola porta la luce nel mondo. L'orientamento della pieve lungo l'asse ovest-est non è esclusivo di Gropina, ma appartiene in moltissimi casi alle chiese romaniche proprio per questo motivo, in un senso completamente opposto a quello per esempio dei templi egizi dove Amon, il sole, entrava all'alba dall'ingresso del tempio e lo percorreva fino all'oscurità del naos, o sancta sanctorum, il luogo avvolto nel buio dove dimorava la statua del dio e dove solo i sacerdoti potevano entrare.
La zona absidale della pieve custodisce un piccolo gioiello spesso trascurato dagli studiosi, depositario di un certo fascino non solo artistico ma anche storico: si tratta del tabernacolo in pietra murato in cornu epistulae, sulla destra dell'arcone absidale; del tipo a tempietto, è decorato da due fasce con girali e fogliette stilizzate che delimitano l'area dello sportello ligneo, affiancato da due lesene con capitelli a motivi vegetali; il timpano dalla cuspide molto accentuata è occupato da una candelabra, ossia un motivo ornamentale imitante il fiore dell'aloe oppure un candelabro con festoni, racemi o altri elementi disposti specularmente; nel peduccio e sulle lesene compaiono tre stemmi medicei a bucranio, o a testa di cavallo, sormontati dal galero; l'elegante scudo a bucranio è usato in particolare dagli anni '70 del Quattrocento fino alla fine del secolo, con una maggior diffusione dal 1480 circa: questo, oltre alla presenza del galero, permette di accostare con certezza il tabernacolo a Giovanni de' Medici (1475-1521), figlio del Magnifico ed eletto cardinale l'8 marzo 1489; anche se non sono raffigurate le nappe pendenti dal galero, lo stemma è certamente riferibile al cardinalato di Giovanni perché sarà consacrato vescovo solo il 13 marzo 1513, sei giorni dopo l'elezione al soglio pontificio (era infatti finora solo diacono) e lo stemma, oltre allo stile del tabernacolo, è chiaramente quattrocentesco: il tabernacolo può quindi essere datato non prima del 1489 e forse del 1492, perché Giovanni de' Medici viene fatto cardinale con la proibizione di vestire le insegne del suo stato per tre anni, a causa della giovane età (aveva solo 14 anni, essendo nato nel 1475). Il tabernacolo è quindi un esempio di arte del tardo periodo laurenziano, e mostra ancora una volta il legame della pieve di Gropina con il Magnifico e con papa Leone X.


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